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A una attenta analisi, il "De spectaculis theatralibus" del domenicano Daniele Concina si mostra fortemente oscillante tra una ormai vieta tradizione di condanne teatrali di ascendenza cinque-secentesca e una insolita, inaspettata, attenzione alle reali condizioni delle sale teatrali del suo tempo (la platea che diventa a sua volta scena). Il trattato del Concina può essere senza dubbio considerato un valido strumento per osservare da una prospettiva inusuale gli stessi tentativi di riforma teatrale del primo Settecento e di metterne in evidenza i limiti teorici e ideologici. La pertinacia censoria del frate è il frutto di una inevitabile, secolare constatazione: il teatro, in quanto tale, è seduzione.